sabato 6 dicembre 2014

Marcel Bascoulard


Marcel Bascoulard nacque nel villaggio di Saint-Florent, nello Cher nel 1913.
Nel 1932, non ancora ventenne, perse il padre, eliminato da un colpo di pistola della madre Marguerite, che visse di poi il resto della vita in un ospedale psichiatrico.
Perseguita, senza successo, l'idea di farsi ferroviere, Marcel si trasferirà a Bourges, per intraprendere la carriera di clochard.
Ha un buon talento di disegnatore e i suoi disegni vengono accettati come merce di scambio dai commercianti cittadini.
Verso il 1940, comincia a vestirsi da donna, ma non c'è nulla di sexy nella sua acconciatura, che serve al massimo ad attirargli il dileggio e le sassate dei monelli locali. Gli psichiatri parleranno di identificazione con la madre.
Dalla comunità locale è comunque accettato, se non apprezzato, il giornale locale, Le Berry républicain, lo definirà il Diogene d'Avaricum, dal nome del quartiere (di origine romana) in cui si è istallato in compagnia di una numerosa colonia di gatti randagi. Ma il riconoscimento sarà soprattutto postumo.
La vita di Marcel termina tragicamente nel 1978, quando viene strangolato in circostanze mai chiarite.
Patrick Martinat gli ha dedicato un libro, Bascoulard. Dessinateur virtuose, clochard magnifique, femme inventée, corredato delle riproduzioni dei suoi disegni e delle fotografie che egli stesso si faceva con l'autoscatto. In occasione del centenario della nascita ne è uscita una seconda edizione.
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domenica 23 novembre 2014

L'imperatore degli Stati Uniti


Joshua Norton (1819-1880) è un imprenditore inglese trapiantato a San Francisco.
Arricchitosi con la speculazione immobiliare, tenta nel 1852 una speculazione sul riso, approfittando del fatto che la Cina, in preda a una grave carestia, ha interrotto le esportazioni.
Completamente rovinato, è dichiarato fallito nel 1858 e lascia per qualche tempo la città.
Ma la disavventura deve aver compromesso il suo equilibrio, infatti al suo ritorno, spedisce lettere a tutti i giornali, con cui si autoproclama imperatore degli Stati uniti a questo titolo aggiungerà anche quello di protettore del Messico.

Norton I pubblica le sue leggi e stampa anche dollari



Gli abitanti di S. Francisco lo assecondano e nei negozi dove lo conoscono accettano in pagamento i suoi dollari.

Alla sua morte un'immensa folla ne seguirà i funerali.








sabato 15 novembre 2014

sabato 1 novembre 2014

malarioterapia

Julius Wagner von Jauregg
Fu la prima terapia da shock adottata in psichiatria. 
Venne messa a punto da Julius Wagner von Jauregg, neurologo austriaco che, per questa scoperta, fu insignito del premio Nobel nel 1927.
La connessione tra febbre alta e modificazioni del decorso di alcune malattie mentali era già stata notata, Jauregg cominciò i suoi studi nel 1887, infettando sui suoi pazienti con l'erisipela, una malattia della pelle provocata dallo streptococco, e proseguì poi con la tubercolina, ma con esiti fallimentari.
Jauregg si occupava soprattutto della paresi generale in pazienti sifilitici. Le sue ipotesi di lavoro furono confermate dalla scoperta dell'agente patogeno della malattia, il treponema pallidum (1905) e dalla constatazione che accessi febbrili contrastavano la penetrazione nella corteccia cerebrale del batterio.
Ad aiutare le ricerche dello scienziato fu la guerra.

Nel 1917 fu ricoverato nella sua clinica un soldato ferito da una granata e affetto da malaria terzana.
Jauregg inoculò il sangue del ferito in incisioni praticate su nove dei suoi pazienti, tre dei quali guarirono completamente.
Il metodo sembrava funzionare e a differenza dei tentativi precedenti aveva anche il vantaggio che, con il chinino, era possibile controllare gli effetti della cura.
Il metodo si affermò anche in Italia, dove però, sugli schizofrenici, proseguirono anche gli esperimenti con iniezioni di tubercolina, nucleinato di sodio e trementina, seguendo il protocollo, dagli effetti scarsi, messo a punto da Augusto Tamburini fin dal 1906.

lunedì 27 ottobre 2014

Neuropatologia di Camillo Negro

Il primo documentario sulla psichiatria italiana è il film Neuropatologia, realizzato nel 1908 da Camillo Negro, cattedratico della scuola neurologica torinese. Le riprese vengono affidate al miglior documentarista italiano del momento, Roberto Omegna.
Lo stesso Negro, con l'assistente Giuseppe Roasenda, appare nel film, ad operare una - evidentemente ricostruita - manovra di Charcot.


Nello stesso periodo utilizzò le riprese cinematografiche come strumento didattico in neuropsichiatria, anche Gaetano Rummo, dell'università di Napoli, che fu anche il primo in Europa ad avvalersi del fonografo per una più precisa osservazione clinica. 
Dei primitivi 100 minuti del filmato di Negro, se ne sono salvati solo quattro.

domenica 20 aprile 2014

requiem per un boxeur di strada

nihil humani ad me alienum puto

E' stato ritrovato morto nella sua abitazione, priva di luce e acqua, Marco Panciroli, 70 anni.
Molti lo ricorderanno come lo schiaffeggiatore, per il vizio che lo colse brevemente, verso la mezza età di schiaffeggiare donne che, a suo dire, lo guardavano male.
Tale attività, che gli frutterà, giudicato sano di mente, qualche ulteriore anno di prigione, segnava, con la scelta di tanto deboli partner, l'inizio del viale del tramonto e confermava, a dispetto della perizia, oltre che evidenti e irrisolti problemi nei rapporti con l'altro sesso, un disturbo psichico, che gli sarà riconosciuto solo a pena scontata, .
Nasce nel 1946, figlio naturale di Norge, una combattiva mondina, divenuta operaia, originaria di Reggio Emilia. Vive alla Bicocca, nelle case popolari di via Cavigioli, che accolgono gli sfollati della bidonville della Piazza d'Armi.  A scuola non va bene e viene messo subito sotto osservazione da Marcella Balconi, ci sono problemi nella sfera affettiva.
Dopo le elementari è apprendista nell'officina di un fabbro ferraio. Ancora piccolo e piuttosto mingherlino, è lo zimbello dei suoi colleghi più grandicelli.
L'officina lo forgia fisicamente, ma è poco formativa sul lato del carattere, o forse peggiora le cose. A metà degli anni 60, ormai uomo, Marco ha un fisico poderoso, ma è violento, permaloso e attaccabrighe.

Approdo naturale, per lui, l'Angolo delle Ore, dove si radunano i ragazzi difficili della città, usciti dal Ferrante Aporti, o in procinto d'entrarvi, tutta gente che, come lui, ha difficoltà ad adattarsi socialmente in una città pettegola, bigotta e ipocrita.
Ma ci resta ben poco, Il 26 giugno 1969 è una calda sera di prima estate che invita alla trasgressione. Con Tino Varisco, dopo un micidiale mix di alcol e amfetamine, aggredisce, con pretestuosi motivi, la ronda dell'aeronautica.
E' l'inizio di quella che sarà definita la seconda (o terza) battaglia di Novara, questa volta tra militari e cappelloni.
Ma loro non se la godono, rubata una 500, si dirigono verso la Riviera. Lungo il tragitto, rapinano un benzinaio, poi, esausti, si fermano poco più avanti, in una piazzola, dove li sorprende, profondamente addormentati, la polizia.
Le imputazioni sono pesanti, ma siamo in Italia, ci vorrebbe altro. Senonché, il brutto carattere di Marco non inclina alla buona condotta e così colleziona una serie di reati durante la detenzione, compresi quelli per la rivolta di Trani, dove lo conciano per bene.
Dieci anni volano e ritorna in città solo alla fine degli anni 70. 
Con quel fardello di galera sul gobbo, Marco sa che può ambire al rispetto del milieu, ma comincia male. Convinto che quella sia la strada per ritagliarsi un ruolo di preminenza, dedica i primi tempi della ritrovata libertà a sfidare i guappi, ormai un po' imbolsiti, dei tempi della sua breve gioventù, e volano fior  di cazzotti.
Evidentemente, dietro le sbarre, il tempo si è fermato e Marco è rimasto quello che era, un teppista, mentre i suoi amici si sono evoluti. Qualcuno è già morto, altri si sono redenti, altri ancora sono emigrati all'estero, ma quelli che hanno continuato il difficile mestiere, adesso sono dei malavitosi seri, con concreti interessi da difendere e hanno ben altri deterrenti dei pugni.
Assolutamente incapace di reinserirsi nella vita sociale - la galera ha clamorosamente fallito il suo scopo - Marco si trova ai margini anche della malavita.
Non sa rubare, non spaccia droga e non ha l'umiltà e la disciplina per fare il gorilla di un boss.
In altri tempi, la sua collocazione ideale sarebbe stata lo sfruttamento della prostituzione, ma il settore, in quegli anni, è in crisi. In mancanza di puttane, cerca di sfruttare una sarta, più anziana di lui, con cui la mamma ha cercato di fidanzarlo. Ma l'amore per i sudati risparmi ha la meglio e la sarta, rinunciando agli ardori, lo caccia di casa. 
Torna per un po' dalla mamma, in via Cavigioli e finché resta aperto il Ramlin, il buon Angelo gli passa qualcosa, come ufficioso buttafuori di se stesso
Ma è proprio lì, in via Ravizza, che Marco deve assaggiare un doloroso contrappasso, questa volta, ad essere invecchiato, è lui. 
Renatino ha un passato da tossico e deve avere più di una ruggine con lui. Viene a cercarlo, e lo invita ad uscire, per una sfida in piena regola. E' armato di una pesante catena di ferro e, per non farsi disarmare, se l'è fatta saldare al polso.
Panciroli ha ancora un fisico possente, ma la gioventù e l'agilità di Renato hanno la meglio, per non parlare della catena. Gli torna in bocca l'amaro sapore di Trani.
Quando Norge, ormai anziana viene ricoverata al De Pagave, il Comune lo sfratta. Ma  lui non si perde d'animo, riconsegnate le chiavi di casa, provvede a scassinare una finestra e ogni sera torna a coricarsi per quella via, contando sull'assoluta discrezione dei coinquilini.
E' in questa situazione, in cui è innegabile anche un evidente risvolto affettivo, che Marco, ormai sulla cinquantina, attraversa un nuovo periodo di agitazione, che culminerà negli episodi degli schiaffeggiamenti.
C'è anche, nel frattempo, un brevissimo - forse squallido - amore. Dura solo una notte. 
Da qualche parte ha rimorchiato una tossicodipendente e attraverso la finestra l'ha portata nel suo quartierino. Ma la ragazza è davvero consunta e, alla mattina, se la ritrova cadavere.
E' davvero un bel guaio, perché il Comune provvede a murare porte e finestre dell'abitazione e lui si ritrova letteralmente per la strada. Anche Norge muore.
Si trasferisce sull'Allea e per molti mesi vive all'addiaccio. Sembra aver perso la sua determinazione, non mangia, dimagrisce e quando è ben ben debilitato, qualcuno ne approfitta per saldare vecchi conti.
Poi qualcuno si accorge di lui. Gli viene assegnato un alloggio e viene indirizzato alla mensa del Sacro Cuore. Lavora, per modo di dire, in una cooperativa sociale. riprende peso e. col peso, riprende anche, talvolta, i modi da guappo, ma ha dei definitivi da scontare e sparisce per un po'.
Quando torna è ormai un anziano, con la pensione ci vecchiaia, che integra chiedendo qualche spicciolo ai conoscenti. Il tono dell'estorsione è ormai dismesso, sostituito, sia pure molto dignitosamente, da quello dell'elemosina.
Non aveva amici, giacché nessuno lo ha conosciuto abbastanza per intravedere sotto la scorza la sua umanità. Né lui fece mai nulla per rivelarne una benché minima porzione, preferendo essere temuto che amato. Ma era un uomo e aveva certamente una sua umanità che mi dispiace di non aver cercato abbastanza. Requiescat.

sabato 25 gennaio 2014

Legge Basaglia e cliniche private

Di recente, a proposito della tragica vicenda di un mio amico (ne parlo qui), mi sono chiesto se cliniche e ricoveri privati non eludano lo spirito della legge Basaglia, riproponendo quelle istituzioni totali di cui ci si voleva sbarazzare, magari sostituendo all'indebolita autoritas della psichiatria, l'antica e inscalfibile potestas della famiglia.
E' un bel tema, fin troppo complicato. Potremmo accontentarci di chiedere fino a che punto l'operato di tali istituzioni private è in qualche modo sorvegliato dall'autorità pubblica.
Ma qui, qualcuno potrebbe sciorinarci l'elenco degli adempimenti burocratici che regolano i rapporti tra sanità regionale e privati, cercando di convincerci che lo scambio di documenti debitamente compilati possa sostituire l'ispezione, cioè la verifica della verità di quanto scritto sulla carta.
Quando pensiamo alla trasparenza, ci viene in mente più una cosa da vedere, che una da scrivere.
Una certa opacità è, però, da mettere in conto, essendo difficile l'equilibrio tra la privacy da tutelare in certe delicate situazioni e la pubblicità necessaria per vederci chiaro.
E' quindi pacifico che la pubblica opinione non debba saper tutto. 
C'è, per esempio chi spergiura che, se si fossero rese pubbliche le cartelle cliniche di una ben nota clinica privata, l'innocentismo egemone di un'antica querelle giudiziaria, ne sarebbe uscito fortemente ridimensionato.
Forse è un bene che le cose siano andate così, ma in altri casi, la voglia di saperne un po' di più sembra legittima.
Qualcuno ricorderà che Alighiero Noschese, ricoverato in una struttura privata per depressione, aveva a sua disposizione un revolver con cui si fece saltare le cervella.
L'approccio terapeutico libertario di quella clinica avrebbe meritato un approfondimento e ai cittadini si sarebbe dovuto far sapere qualcosa.
Ma a quanto pare, esistono delle questioni al riparo dalla curiosità, talvolta davvero irrispettosa, della stampa.
A proposito, qualcuno sa dov'è Gianfranco Fini? 


mercoledì 8 gennaio 2014

la cura della follia

Hieronymus Bosch, La cura della follia.
Hieronymus Bosch, La nave dei folli.
William Hogarth, Saint Mary of Bethlehem.
William Hogarth, Manicomio.
Francisco Goya, Casa de locos.
Francisco Goya, El patio de una casa de locos.


Francisco Goya, Locos.
Jean-Louis-Théodore Géricault, Alienata con monomania del gioco.
Jean-Louis-Théodore Géricault, Alienato con monomania del comando militare.
Jean-Louis-Théodore Géricault, Alienato con monomania del furto.
Jean-Louis-Théodore Géricault, Alienata con monomania dell'invidia.
Chaïm Soutine, La folie.
Alberto Martini, Follia.