mercoledì 15 agosto 2012

Elisabeth Roudinesco

La mania della valutazione rischia ancora una volta di trasformare gli operatori psichiatrici in poliziotti. All' erta!

Le Monde, 19 gennaio 2008.

In questi ultimi trent'anni gli stati democratici hanno fatto leva sulla scienza per governare i loro popoli. Questa politica ha permesso di prevenire, curare e guarire molte malattie organiche e ha migliorato notevolmente la nostra vita quotidiana, ma non ha prodotto analoghi successi nel dominio della sofferenza psichica.
Né la genetica, né gli studi sulla plasticità cerebrale sono ancora giunti a dar vita a efficaci trattamenti della malattia mentale o di venire a capo di quei malanni esistenziali rubricati come nevrosi, ansie, depressioni, manie, dipendenze, impulsi autodistruttivi, ecc.
Sono riusciti, tuttalpiù, a mettere a punto medicamenti dell'umore (psicotropi) che hanno permesso agli psicotici di continuare a vivere in famiglia e soprattutto di tranquillizzare quelli che potevano essere pericolosi per se stessi e gli altri.
Ma questa strategia ha un prezzo da pagare: il controllo medico-biologico della popolazione ha favorito il sorgere di un'ideologia securitaria che si risolve nel considerare ogni cittadino come un povero ammasso di neuroni sottoposto a ogni sorta di valutazione. Al soggetto politico erede del secolo dei lumi si è sostituito l'uomo comportamentale, quantificato, reificato, infeudato a una norma tirannica e definito da un'identità religiosa o etnica, in barba ad ogni ideale universalistico, ridotto ormai a ciarpame insieme agli ideali sessantotteschi di chi voleva cambiare il mondo o lottare contro le disuguaglianze.
Si fronteggiano, in fin dei conti, due ideali d'umanità. Il primo, tipico della filosofia anglosassone, prevede che il soggetto sia naturalizzato, ossia ridotto all'animalità, ponendo così fine all'eccezione rappresentata in natura dall'uomo. Per un tale soggetto, più adatto ad obbedire che a pensare, sono previsti, quando entra in sofferenza, solo trattamenti rapidi, valutati da esperti, che modificano, per addestramento, i comportamenti visibili. Fascio di psichismi, il soggetto naturalizzato non ha diritto che a farmaci e terapie cognitivo-comportamentali (TCC).
L'altra concezione, propria della tradizione continentale - fenomenologia e psicanalisi - in considerazione di quanto la parola separi l'uomo dall'animale, pensa che per trattare le sofferenze psichiche siano necessari approcci dinamici o relazionali, di maggior durata, accompagnati o no da trattamenti farmacologici.
All'adesione degli stati all'ideologia della valutazione, sostenuta in Francia da una serie di organismi sanitari (istituto nazionale della sanità e della ricerca - INSERM, agenzie di valutazione, comitati di dépistage, ecc.)  va fatta risalire l'origine delle polemiche in corso da qualche anno, battezzate dai media come guerre de psys, che riguardano da 5 a 8 milioni di persone, in trattamento sia farmacologico che multiterapeutico.
La prima crisi fu nell'ottobre 2003, quando Bernard Accoyer, già alfiere della psicanalisi e ora presidente dell'Assemblée Nationale, riesce a far approvare, in nome della sicurezza degli utenti, un emendamento a una legge sanitaria con cui si riserva l'esercizio della psicoterapia ai laureati in  medicina o in psicologia, abilitando così un ortopedico a curare le depressioni, il che è come dire che un panettiere può fare il fabbro. Questa disposizione andava a rafforzare una risoluzione dell'INSERM che privilegiava i TCC rispetto agli altri approcci. Donde la levata di scudi di professionisti, tra loro molto differenti: 13.000 psichiatri, 5.000 psicoanalisti, 35.000 psicologi, 7.000 psicoterapeuti.
Dopo aver tenuto in ballo tre diversi ministri della sanità, che mai cessarono di contraddirsi, il conflitto si placò con una capitolazione annunciata da tempo dal senatore Jean-Pierre Sueur: l'adozione di una legge inapplicabile (9 agosto 2004), per la quale un quarto ministro, Roselyne Bachelot, non sa ancora se riuscirà a redigerne i decreti applicativi, pur se prevede un piano di prevenzione della depressione che rischia di aumentare il consumo di farmaci psicotropi, dando da intendere a chiunque si senta un po' triste di essere un malato mentale.
Nel settembre 2005 esce un libro nero della psicanalisi, vampata d'odio antifreudiano, seguito da presso dall'annuncio di un nuovo studio dell'INSERM, che scatenerà la giusta collera degli pedopsichiatri. Basandosi su un modello genetico, pretendeva infatti, di poter dedurre da un eccessivo nervosismo dei bebè i segni premonitori di una futura devianza sociale. Vale a dire che si chiedeva a ogni genitore di fare il delatore dei propri figli. La petizione Nessun zero in condotta ai bimbi di tre anni, lanciata da Pierre Delion, raccolse oltre 200.000 firme.
Seguirono le esternazioni, a dir poco spiazzanti, di Nicolas Sarkozy sull'origine genetico-ormonale di suicidio e devianza  sessuale. Ed infine si giunse, nel maggio 2007, alla pretesa del potere statale di utilizzare, in dispregio dei diritti dell'uomo, i test sul DNA per il controllo dell'emigrazione. A ciò si aggiunge, ciliegina sulla torta, la proposta del ministro della giustizia di sottoporre a regolare processo anche gli incapaci di intendere e di volere.
L'ideologia securitaria ormai dilagante nei ministeri della sanità e della giustizia, si propaga anche tra i funzionari del ministero dell'educazione.
Da circa quarant'anni hanno cittadinanza nei dipartimenti di psicologia formazioni cliniche ispirate ai principi della psicanalisi, oggi messe in mora da esperti di formazione psicologico-sperimentale o cognitivista.  Una volta di più si chiede a uno specialista di pronunciarsi su ciò che non conosce, un panettiere che giudica un fabbro. Un conflitto di competenze, giacché questi esperti fanno riferimento a una concezione della soggettività che è differente da quella dei clinici.
A fronte di questa avanzata della mania valutazionista, gli insegnanti interessati lanciarono, nel giugno 2007, la petizione Salviamo la clinica, che raccolse più di 10.000 firme. Nella stessa direzione si muoveva Jacques-Alain Miller, organizzando forum contro le devastazioni apportate dai valutatori.
Forte di questo riscontro, Roland Gori, presidente dell'unica associazione raggruppante tutti i docenti di psicopatologia (SIUEERPP) chiese udienza a Valérie Pécresse, ministro dell'educazione superiore e responsabile degli esperti, consiglieri suoi o del primo ministro: Jean-Marc Monteil, Roger Lécuyer e Michel Fayol. Contro ogni attesa, la richiesta fu respinta.
Rispetto a un tale andazzo, che oggi minaccia gli stessi ministri, le autorità statali devono pronunciarsi chiaramente su una questione di elementare civiltà. Si deve continuare a sottomettere i ricercatori a delle valutazioni astratte e a trasformare chi opera in campo psichiatrico in agente di sicurezza? Si deve insistere con una politica che ci allontana dalle tradizioni umaniste europee? Va sradicato il freudismo dai dipartimenti di psicologia di un paese che vi ha dato alcuni dei più brillanti interpreti, universalmente riconosciuti?
Il dibattito è aperto.

venerdì 3 agosto 2012

torna di moda il matto

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L'ignorante e il folle
aut aut 354 
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LTM 668
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Franco Basaglia, une pensée en acte